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Islanda: “Stupido salvare le banche in difficoltà”

STRASBURGO – ”Non possiamo piu’ accettare un sistema finanziario in cui i guadagni sono privati e le perdite sono pubbliche. Questo e’ un sistema stupido e tremendo. E non si capisce per quale motivo al mondo la gente dovrebbe accettare di pagare per le banche in difficolta’ mentre queste ritengono assolutamente normale tenere per loro tutti i guadagni quando le cose vanno bene”. Lo ha affermato il ministro dell’economia islandese, Steingrimur Sifgusson, invitato dall’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa al dibattito che precede il voto su tre rapporti che affrontano le conseguenze negative delle misure di austerita’ sul mantenimento dei diritti sociali, sui giovani, sugli enti locali ma anche sulla tenuta della stessa democrazia.

”Molte delle pratiche utilizzate dal mondo della finanza sono nocive e dovrebbero essere abolite o vietate” ha aggiunto Sifgusson. Il ministro islandese ha illustrato ai parlamentari dei 47 Stati membri del Consiglio d’Europa le cause e le conseguenze della crisi che ha colpito il suo paese, ma soprattutto le misure che sono state prese per risollevare il paese.

Tra le misure che Sifgusson consiglia c’e’ quella di difendere e preservare il sistema sociale e proteggere i gruppi con il reddito piu’ basso, anche alzando le tasse sui ceti piu’ ricchi. Il ministro avverte anche che e’ necessario che la generazione che ha creato questa crisi, commettendo numerosi errori, trovi le soluzioni e non lasci il conto da pagare ai propri figli.

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Imu, cosa è, quando si paga e quanto si paga

La pressione fiscale in Italia per il 2012 si attesterà attorno al 45,1% e le previsioni per i prossimi due anni proiettano un aumento fino allo 0,6% in più. A pesare decisamente nel bilancio delle famiglie italiane sarà l’Imu, la nuova imposta municipale che con il decreto “Salva Italia” ha rimpiazzato la vecchia Ici. La pagheranno tutti i proprietari perché sarà tassata anche l’abitazione principale.
Fino a dicembre, però, non si saprà precisamente quanto. Il testo dei correttivi al decreto fiscale votato in commissione finanze al Senato, infatti, sposta a quella data il termine entro il quale un Dpcm (decreto Presidenza dei ministri) potrà cambiare le aliquote dell’imposta per garantire allo Stato il gettito previsto.
In realtà si tratta di un doppio decreto: il primo interesserà abitazioni e immobili commerciali o industriali, il secondo sarà dedicato all’agricoltura.
Quello relativo alle abitazioni e immobili commerciali andrà scritto entro il 30 settembre, giusto in tempo per consentire ai Comuni di rivedere le proprie scelte locali e, probabilmente, aumentare le aliquote nei termini stabiliti.
Il secondo, invece, può essere ultimato entro il 30 novembre, data entro la quale si concluderanno le operazioni di accatastamento dei fabbricati rurali. In altre parole, una famiglia non saprà esattamente quando deve pagare per l’Imu 2012, fino alla fine dell’anno.

Addio tredicesime, quindi, per chi le incassa ovviamente. Eppure è ben definita la “somma erariale” che i Comuni dovranno versare a Roma, già scritta nel decreto “Salva Italia”: 9 miliardi di euro. I meccanismi, come detto, rimangono ancora da definire con regole in continua evoluzione. Nel passaggio in commissione al Senato, per esempio, i fabbricati rurali nei Comuni classificati come “montani” hanno incassato l’esenzione dall’Imu, come i fabbricati “inagibili” e “inabitabili”, oltre all’azzeramento per i fabbricati di Comuni, edilizia popolare e cooperative a proprietà indivisa. Salve anche le fondazioni bancarie che non dovranno versare neanche un centesimo.

Ma gli italiani quanto e quando dovranno pagare? Ci si deve preparare per il 18 giugno, entro questo termine si deve provvedere a pagare l’acconto dell’Imu. Nell’attesa che il quadro della nuova imposta municipale unica sia delineato, si usano i meccanismi ben rodati della vecchia Ici. Per il calcolo, secondo l’emendamento passato in Senato, l’acconto sarà computato in base alle aliquote “di riferimento” fissate dalla legge (4 per mille per l’abitazione principale, 7,6 per gli altri immobili tranne quelli strumentali all’attività agricola, per i quali è il 2 per mille). Non bisogna dimenticarsi, però, di rivalutare la rendita catastale per il calcolo del 5% per poi moltiplicarla per 160. Dalla somma così ottenuta si detraggono 200 euro, se si tratta dell’abitazione principale, più altri 50 euro per ogni figlio di età inferiore a 26 anni se residente nella stessa casa. L’aliquota standard per gli altri immobili è dello 0,76% senza nessuna ulteriore detrazione. Per quanto riguarda i box, il calcolo è lo stesso delle abitazioni principali; per i negozi occorre aumentare la rendita del 5% e moltiplicare il risultato per 55; per gli uffici e gli studi professionali si deve aumentare la rendita del 5% e moltiplicare per 80. L’acconto di giungo sarà pari alla metà dell’importo così ottenuto.

Il decreto “Salva Italia” lascia un buon margine di manovra ai Comuni che possono far variare le aliquote per l’abitazione principale dallo 0,2 allo 0,6% mentre l’oscillazione per gli altri immobili può spostarsi dallo 0,46 all’1,06% con possibilità di scendere allo 0,4% per gli immobili locati e per quelli posseduti da persone giuridiche. Un esempio pratico per chiarire del tutto le idee. Se si ipotizza una rendita originaria per un’abitazione principale di 1000, il proprietario, senza figli, dovrà sicuramente pagare entro il 18 giugno 236 euro. A dicembre la sua la cifra del saldo varierà molto: se il suo Comune scegliesse di tassare con l’aliquota più bassa (0,2%), il proprietario maturerà un credito d’imposta di 100 euro; se invece opterà per l’aliquota dello 0,6%, il contribuente dovrà sborsare altri 572 euro.

Ma non c’è solo l’Imu per i sempre più tartassati contribuenti italiani. Tra l’estate e dicembre dello scorso anno sono entrate in vigore le manovre del governo Berlusconi e il decreto “Salva Italia” di Mario Monti. Le stime prevedono che entro fine del 2014, nell’ottica del pareggio di bilancio, lo Stato incassi 81,2 miliardi di euro, circa 50 entro la fine di quest’anno e altri 27 nel 2013. Ci sono già nuove imposte programmate, pronte ad abbattersi, come una mannaia sui lavoratori. Due su tutte: Iva e accise sul carburante. Il prossimo ottobre potrebbe scattare l’aumento dell’Iva che passerebbe dal 21 al 23%. E se non dovesse bastare dal primo gennaio 2014 potrà salire fino al 23,5%, come deciso dal governo Monti. Rincari in agenda anche per i carburanti il cui costo è già alle stelle. Il primo aumento c’è stato lo scorso 7 dicembre, ma le accise potranno aumentare di nuovo dal primo gennaio 2013. Super bollo per le auto di lusso, imposta sui conti correnti bancari, tassa sugli aerei privati, imposta sui capitali, sulle barche (per gli scafi oltre i 64 metri si potrà arrivare a pagare fino a 703 euro al giorno), immobili esteri, rifiuti, tassa sulle attività finanziarie estere, innalzamento delle aliquote contributive per artigiani e commercianti e delle addizionali regionali Irpef, completano il quadro.

 
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Pubblicato da su aprile 17, 2012 in IL SISTEMA FISCALE ITALIANO

 

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LA RIFORMA DEL CATASTO

Il Governo guidato da Mario Monti ha finalmente presentato la sua riforma del catasto. Il testo introduce parametri nuovi o, in alcuni casi, aggiornati e rivisti rispetto al passato, all’insegna di quella che il premier ha definito ‘equità’.

In base al testo da ora in poi ogni stima verrà effettuata in base ai valori del mercato del’ultimo triennio e non più ai valori fiscali ritenuti vecchi. In molti casi la valutazione degli immobili non è stata modificata dopo eventuali lavori e quindi numerose case sono ancora classificate a un livello basso anche se nel corso del tempo sono state riqualificate.
Benchè chi possiede un immobile in aree in cui il mercato presenta valori elevati rischi di vedersi aumentare le tasse e i proprietari delle zone dove le compravendite sono più contenute beneficeranno di un Fisco più leggero di quello attuale, una clausola di salvaguardia esclude tuttavia l’aumento del prelievo per i contribuenti: le maggiori rendite dovrebbe essere compensate da riduzioni di aliquote.
In base alle simulazioni sin qui realizzate la riforma permetterebbe di recuperare circa 21 miliardi di euro, ma a trarre vantaggio dalla riforma saranno soprattutto i contribuenti dei piccoli centri e delle periferie urbane rispetto a chi vive nelle grandi città o in luoghi a vocazione turistica.

Il governo ha tuttavia garantito che la manovra sarà a saldo zero: i maggiori introiti saranno restituiti ai cittadini grazie a sconti sulle aliquote esistenti da versare.
Le tasse sulla casa saranno pagate in base ai metri quadri dell’abitazione e non più in relazione al numero dei vani catastali. L’intervento è stato elaborato per risolvere le contraddizioni determinate dalla genericità della definizione di “vano” che include sia stanze da 12 metri quadri che camere da 30.
Sino a questo momento il catasto ha utilizzato il criterio del metro quadrato soltanto per negozi, box auto, magazzini ed edifici pubblici. Con la riforma, invece, il meccanismo varrà anche per case e uffici. La valutazione delle tasse da versare per l’immobile terrà conto anche dello localizzazione e dello stato in cui si trova la struttura, ma il criterio di riferimento sarà l’ampiezza.
La riforma prevede inoltre di rivalutare gli immobili modificandone due voci chiave: l’ambito territoriale e la categoria.
Ogni Comune sarà suddiviso in ambiti territoriali di mercato per differenziare le vie centrali dai quartieri residenziali; in questo senso l’Agenzia del Territorio ha già compiuto molto lavoro, individuando, ad esempio a Milano, 59 microzone, che “mappano” la città in modo più dettagliato rispetto alle zone censuarie esistenti.
Il numero delle categorie, allo stesso modo, dovrà aumentare rispetto al sistema attuale: oggi il 70 per cento degli immobili è classificato tra la fascia A2 a A3, mentre su quasi 33 milioni di immobili, soltanto 36 mila risultano essere di tipo signorile (A1). Questa distinzione però non ha più alcun legame con il mercato e le è preferibile una classificazione più semplice, ma articolata (case singole, palazzi e abitazioni di lusso) divisa poi in sottogruppi.
Una volta individuata la specifica categoria cui appartiene l’immobile, bisognerà determinare il valore fiscale in modo da non differenziarlo troppo da quello commerciale. A questo scopo l’esecutivo prevede di configurato un algoritmo che individuerà i valori più adeguati da attribuire a una struttura sulla base di valori medi che saranno aggiornati costantemente tramite i dati ricevuti periodicamente dall’Agenzia del territorio.
In base alle simulazioni sin qui realizzate hanno mostrato che la riforma permetterebbe di recuperare circa 21 miliardi di euro, provenienti soprattutto dai proprietari degli immobili nei grandi centri cittadini e nelle zone turistiche più quotate.

 
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Pubblicato da su aprile 17, 2012 in IL SISTEMA FISCALE ITALIANO

 

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